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Sentenza 49/2018 (ECLI:IT:COST:2018:49)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA PRINCIPALE
Presidente: LATTANZI - Redattore: CAROSI
Udienza Pubblica del 09/01/2018;    Decisione  del 09/01/2018
Deposito del 05/03/2018;   Pubblicazione in G. U. 07/03/2018  n. 10
Norme impugnate: Legge della Regione Abruzzo 07/03/2017, n. 16 e, in particolare, artt. 1, c. 1° e 2°; 8; 9; 10; 11 e 12.
Massime: 39974  39975  39976 
Atti decisi: ric. 41/2017
Comunicato stampa
  

SENTENZA N. 49

ANNO 2018


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo 7 marzo 2017, n. 16 (Rendiconto generale per l’esercizio 2013. Conto finanziario, conto generale del patrimonio e nota illustrativa preliminare) e, in particolare, degli artt. 1, commi 1 e 2; 8; 9; 10; 11 e 12, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 19-22 maggio 2017, depositato in cancelleria il 29 maggio 2017 e iscritto al n. 41 del registro ricorsi 2017.

Visto l’atto di costituzione della Regione Abruzzo;

udito nell’udienza pubblica del 9 gennaio 2018 il Giudice relatore Aldo Carosi;

uditi l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Stefania Valeri per la Regione Abruzzo.


Ritenuto in fatto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’intera legge della Regione Abruzzo 7 marzo 2017, n. 16 (Rendiconto generale per l’esercizio 2013. Conto finanziario, conto generale del patrimonio e nota illustrativa preliminare), nonché, specificamente, gli artt. 1, commi 1 e 2; 8; 9; 10; 11 e 12 della medesima legge, per violazione degli artt. 81, quarto comma, e 117, terzo comma, della Costituzione, anche in riferimento all’art. 29, comma 1, del decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge 25 giugno 1999, n. 208) ed all’art. 39, comma 1, della legge Regione Abruzzo 25 marzo 2002, n. 3 (Ordinamento contabile della Regione Abruzzo).

1.1.– Espone il Presidente del Consiglio dei ministri che con la legge reg. n. 16 del 2017 la Regione Abruzzo ha emanato le disposizioni in tema di Rendiconto generale per l’esercizio 2013, conto finanziario, conto generale del patrimonio e nota illustrativa preliminare. Secondo il ricorrente, con le norme denunciate in epigrafe, la Regione Abruzzo avrebbe ecceduto dalla propria competenza per i seguenti motivi.

1.2.– L’art. 1, commi 1 e 2, della legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017 violerebbe gli artt. 81, quarto comma, e 117, terzo comma, Cost., anche in riferimento all’art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 76 del 2000 e all’art. 39, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2002.

Premette il ricorrente che l’art. 1 della legge regionale n. 16 del 2017 prevede, al primo comma, che «il rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2013 è approvato con le risultanze negli articoli che seguono» e, al secondo comma, che «sono approvate le previsioni definitive di competenza come indicate nel conto di bilancio allegato alla presente legge». In base al successivo art. 19, comma 1, la legge regionale n. 16 del 2017 è entrata in vigore il 21 marzo 2017, giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel BURAT (Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo in versione telematica).

Il Presidente del Consiglio dei ministri obietta che la legge regionale n. 16 del 2017 sarebbe stata quindi approvata in forma legislativa oltre i termini imposti dall’art. 39, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2002. Tale norma prevede, infatti, al primo comma, che «Il rendiconto generale è predisposto dalla Giunta, ed è approvato dal Consiglio entro il 30 giugno e comprende il conto del bilancio e il conto generale del patrimonio e dimostra i risultati della gestione».

Si tratterebbe, secondo il ricorrente, di una tassativa previsione temporale, coerente con quanto dispone[va] l’art. 29, comma 1, del decreto legislativo n. 76 del 2000 il quale prevede che «il rendiconto generale della regione è approvato con legge regionale entro il 30 giugno dell’anno successivo all’esercizio cui questo si riferisce». Al riguardo, la difesa dello Stato precisa che il predetto comma trovava applicazione alla fattispecie in esame, poiché è stato abrogato dalla lettera c) del comma 1, dell’art. 77, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), aggiunto dall’art. 1, comma 1, lettera aa), del decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), ma a decorrere dal 1° gennaio 2015.

1.3.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri gli artt. 8, 9, 10, 11 e 12 della legge Regione Abruzzo n. 16 del 2017 violano gli artt. 81, quarto comma, e 117, secondo comma, lettera e), e terzo comma, Cost.

1.3.1.– Premette il ricorrente che, con la delibera n. 39/2016/PARI, la Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, ha parificato il rendiconto generale riferito all’anno 2013 della Regione Abruzzo con talune eccezioni, tra cui i capitoli concernenti le economie vincolate riprogrammate per finalità diverse da quelle inizialmente previste e la mancata neutralizzazione dell’anticipazione di liquidità ricevuta ai sensi dell’art. 3 del decreto-legge n. 35 del 2013. Inoltre, su tali argomenti, la predetta Corte ha sollevato questioni di legittimità costituzionale nei confronti degli artt. 7, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Abruzzo n. 2 del 2013, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013 - 2015 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2013)», degli artt. 1, 4, 11 e 15, comma 3, della legge della Regione Abruzzo n. 3 del 2013 (Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013 - Bilancio pluriennale 2013/2015) e dell’art. 16 della legge della Regione Abruzzo 16 luglio 2013, n. 20 (Modifiche alla legge regionale 10 gennaio 2013, n. 2 recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013 - 2015 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2013)», modifiche alla legge regionale 10 gennaio 2013, n. 3 recante «Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013 - bilancio pluriennale 2013-2015» e ulteriori disposizioni normative). Conseguentemente ha sospeso il giudizio per le voci non parificate, interessate dalle suddette disposizioni. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 89 del 2017, depositata il 27 aprile 2017, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle predette norme censurate. Questa decisione ha rilevato una violazione del principio di equilibrio del bilancio con riferimento ad economie vincolate riprogrammate per obiettivi diversi da quelli inizialmente previsti, finanziate da avanzo non accertato in via definitiva con l’approvazione del rendiconto relativo all’esercizio precedente. Tale «riprogrammazione» ha determinato un incremento indebito della spesa, attraverso l’iscrizione illegittima dell’avanzo di amministrazione ed in assenza di un autentico vincolo di destinazione.

Evidenzia il ricorrente che, per quello che rileva in particolare in questa sede, la Corte non ha accolto le difese svolte dalla Regione Abruzzo, tra le quali l’argomento secondo cui la sopravvenuta legge regionale n. 16 del 2017, impugnata con il presente ricorso, avrebbe risolto il problema della copertura attraverso l’accertamento di un congruo avanzo di amministrazione (punto 4. del Considerato in diritto): ha affermato difatti la Corte costituzionale che la predetta legge regionale «produce norme e meccanismi contabili elusivi dei medesimi precetti in questa sede invocati». Tale risultato di amministrazione, infatti, secondo la citata decisione, non risulta affidabile in quanto «ritenuto parziale e non attendibile» dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, la quale non ha parificato ingenti poste dei residui attivi e passivi, rilevando considerevoli criticità sia in merito alla loro sussistenza ed al loro mantenimento in bilancio, sia riguardo alle ricadute dell’operazione di riaccertamento dei residui compiuta dalla Regione, in termini di certezza delle risultanze di bilancio. Detto avanzo infatti, prosegue la sentenza n. 89 del 2017, viene ottenuto attraverso una operazione contabile non corretta, in quanto, indipendentemente dalla procedura di riaccertamento straordinario dei residui prevista dal decreto legislativo n. 118 del 2011 (che non è qui in discussione), sussiste comunque l’obbligo indefettibile per ciascun ente territoriale di effettuare annualmente, ed in ogni caso prima della predisposizione del rendiconto, l’esatta ricognizione dei residui attivi e passivi. La ricognizione annuale dei residui attivi e passivi è operazione propedeutica a qualsiasi rendiconto, in quanto consente di individuare formalmente: crediti di dubbia e difficile esazione; crediti inesigibili ed insussistenti (per l’avvenuta legale estinzione o per indebito o erroneo accertamento del credito); debiti prescritti; somme da portare in economia e, in ogni caso, tutte le componenti degli esercizi decorsi che influiscono sul risultato di amministrazione. È evidente che senza una verifica di tal genere non si può procedere all’approvazione del rendiconto, ancorché tale procedura sia rafforzata, come nel caso delle Regioni, dall’adozione di un atto legislativo. In definitiva, la legge sopravvenuta, oltre a non avere un legame diretto con le norme impugnate, non assicura chiarezza e stabilità ai conti regionali, peggiorando la situazione dell’ente territoriale, anche per l’assenza di punti di riferimento sicuri quali la continuità con le risultanze degli esercizi pregressi e l’esatta contabilizzazione dei crediti e dei debiti allo stato esistenti (punto 6.4. del Considerato in diritto della sentenza n. 89 del 2017).

Osserva ulteriormente il Presidente del Consiglio dei ministri che nella citata sentenza n. 89 del 2017 (punto 8 del Considerato in diritto) si trova affermato che «la regolarizzazione della tenuta dei conti non consiste nel mero rispetto della sequenza temporale degli adempimenti legislativi ed amministrativi afferenti al bilancio preventivo e consuntivo. Il nucleo della sana gestione finanziaria consiste, al contrario, nella corretta determinazione della situazione economico-finanziaria da cui prende le mosse e a cui, successivamente, approda la gestione finanziaria». Tale determinazione, prosegue la pronuncia richiamata dalla difesa dello Stato, «è strettamente correlata al principio di continuità degli esercizi finanziari, per effetto del quale ogni determinazione infedele del risultato di amministrazione si riverbera a cascata sugli esercizi successivi. Ne risulta così coinvolto in modo durevole l’equilibrio del bilancio: quest’ultimo, considerato nella sua prospettiva dinamica, la quale “consiste nella continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle finalità pubbliche” (sentenza n. 266 del 2013; in senso conforme, sentenza n. 250 del 2013), esige che la base di tale ricerca sia salda e non condizionata da perturbanti potenzialità di indeterminazione». Sono «Proprio la costanza e la continuità di tale ricerca» che «ne spiegano l’operatività nell’arco di più esercizi finanziari; al contrario, prendere le mosse da infedeli rappresentazioni delle risultanze economiche e patrimoniali provoca un effetto "domino" nei sopravvenienti esercizi, pregiudicando irrimediabilmente ogni operazione di risanamento come quella rivendicata dalla Regione Abruzzo attraverso le norme censurate e la legge sopravvenuta» (sentenza n. 89 del 2017). «In questa prospettiva sia le disposizioni di legge denunciate dalla magistratura rimettente, sia la richiamata legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017 pregiudicano ulteriormente l’equilibrio finanziario della Regione Abruzzo, già storicamente inciso dalle pregresse gestioni e dalle disposizioni di legge regionale che ne erano alla base».

Inoltre, prosegue il Presidente del Consiglio dei ministri, sempre nella medesima sentenza n. 89 (punto 8.1. del Considerato in diritto) si pone in luce che «[…] le norme censurate ripetono e aggravano fenomeni distorsivi della finanza regionale già oggetto di sindacato negativo da parte di questa Corte (infedeltà del risultato d’amministrazione e mancato accertamento dei residui; sforamento dei limiti di spesa attraverso l’iscrizione di fittizie partite di entrata quali l’avanzo di amministrazione presunto: sentenze n. 192 del 2012 e n. 250 del 2013), mentre la sopravvenuta legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017, oltre a non tenere in alcun conto la parifica parziale della Corte dei conti effettuata con delibera n. 39/2016/PARI, finisce per alterare in modo ancor più grave le disfunzioni accertate per gli anni precedenti». Infine, si rileva che «l’operazione di risanamento dei conti auspicata dalla Regione non può che passare dall’adeguamento ai principi espressi da questa Corte. Ciò soprattutto attraverso un corretto riaccertamento dei residui attivi e passivi che possa consentire una credibile e congruente determinazione del risultato d’amministrazione, eventualmente usufruendo – ove risulti un deficit non riassorbibile in un solo anno – delle opportunità di copertura dilazionata consentite dalla legislazione statale agli enti territoriali in particolare situazione di disagio (in ordine a tali disposizioni legislative, sentenze n. 6 del 2017 e n. 107 del 2016). È evidente che, senza tali verifiche, ogni procedimento volto ad assicurare chiarezza e stabilità ai conti regionali ed a recuperare fondi vincolati, incamerati e non spesi negli esercizi precedenti, rischia di fallire, se non di peggiorare la situazione dell’ente territoriale per l’assenza di punti di riferimento sicuri, in ordine alle risorse disponibili ed allo stato dei programmi e degli interventi a suo tempo intrapresi» (punto 8.2. del Considerato in diritto).

1.3.2.– Tanto premesso, espone il Presidente del Consiglio dei ministri, che la legge reg. n. 16 del 2017, all’art. 8, determina i residui attivi a chiusura dell’esercizio 2013; all’art. 9 determina i residui passivi a chiusura dell’esercizio 2013; all’art. 10 il saldo finanziario positivo al 31 dicembre 2013; all’art. 11, approvando la tabella «Residui perenti ed economie vincolate 2013», riconosce gli importi delle «economie riprogrammate», oggetto di rilievo della Corte dei Conti, e, all’art. 12, rileva un disavanzo effettivo che include l’importo dell’anticipazione di liquidità, sebbene non sia rappresentato nel conto finanziario.

Gli artt. 8, 9, 10, 11 e 12 citati contrasterebbero, quindi, con l’intero art. 81 Cost. e, in particolare, con il quarto comma 4, nonché con l’art. 117, secondo comma, lettera e), in materia di sistema contabile dello Stato, nonché con le fonti interposte, rappresentate dai principi di coordinamento della finanza pubblica emanati dal legislatore statale, nei quali, appunto, sono ravvisabili limitazioni ai saldi dei bilanci regionali (sono richiamate le sentenze n. 115 del 2012 e n. 70 del 2012) e con l’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento ai principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.

Secondo il ricorrente tutte le richiamate disposizioni della legge regionale n. 16 del 2017 dovrebbero ritenersi costituzionalmente illegittime proprio sulla base delle considerazioni svolte nel secondo motivo di ricorso. Si tratterebbe di un provvedimento normativo che nel suo complesso e nella sua interezza pregiudicherebbe «ulteriormente l’equilibrio finanziario della Regione Abruzzo», e finirebbe anche «per alterare in modo ancor più grave le disfunzioni accertate per gli anni precedenti», in violazione dei richiamati parametri costituzionali di cui agli artt. 81, in particolare il quarto comma, 117, secondo comma, lettera e), e terzo. L’illegittimità costituzionale del Rendiconto 2013 deriverebbe, quindi, dalla sua non conformità ai «principi fondamentali» sopra illustrati anche in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, applicabile alla fattispecie ratione temporis.

1.4.– Conclude quindi il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che la legge regionale Abruzzo n. 16 del 2017, e, in particolare gli artt. 1, commi 1 e 2; 8; 9; 10; 11 e 12, indicata in epigrafe, siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.

2.– Si è costituita in giudizio la Regione Abruzzo, in persona del suo Presidente pro tempore.

2.1.– La Regione Abruzzo rammenta che l’odierna impugnativa giunge all’indomani del giudizio riguardante la questione di legittimità costituzionale promossa dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, con ordinanza n. 13 del 26 febbraio 2016 (iscritta al n. 97 del registro ordinanze 2016), conclusa con la sentenza n. 89 del 2017.

Alla base delle questioni sollevate nell’odierna circostanza, secondo la Regione resistente, l’Avvocatura dello Stato rileva la non attendibilità del risultato di amministrazione compiuto dalla Regione Abruzzo in ordine al riaccertamento dei residui e richiama le considerazioni rese da codesta Corte nella citata sentenza circa l’inesattezza dell’operazione contabile compiuta dagli uffici regionali.

A tal proposito, la Regione Abruzzo ritiene necessaria una più dettagliata ed esaustiva illustrazione delle disposizioni contenute nella legge reg. n. 16 del 2017 e del percorso seguito dagli uffici regionali per il riaccertamento contabile, con contestuale accantonamento, allo scopo di chiarire come le risultanze dello stesso sarebbero rispondenti alle richieste avanzate innanzi tutto dalla Corte dei conti, e che le doglianze lamentate nel ricorso da parte avversa sarebbero del tutto infondate.

2.2.– Relativamente alla tempistica di approvazione del rendiconto generale per l’anno 2013, censurato con il primo motivo di ricorso, la Regione Abruzzo evidenzia che il termine del 30 giugno non potrebbe essere inteso in maniera perentoria, tale da precludere in maniera categorica la possibilità di adozione di un successivo provvedimento in merito e non potrebbe, quindi, comportare alcuna decadenza rispetto all’approvazione del rendiconto regionale; piuttosto, essa sarebbe sintomatica di una programmazione del ciclo di bilancio non perfettamente allineata: circostanza già censurata dalla Corte dei conti con espresso riguardo alla vicenda in discussione ed alla quale la legge regionale in oggetto intendeva porre parziale rimedio.

In nessun caso, peraltro, secondo la Regione resistente, potrebbe ritenersi preclusa un’approvazione tardiva dei documenti contabili di rendicontazione, visto che, sia l’art. 39 della legge reg. n. 3 del 2002 concernente l’ordinamento contabile regionale, sia la normativa statale applicabile alla fattispecie in esame (l’art. 29 del d.lgs. n. 76 del 2000), non attribuiscono ad altri soggetti la competenza in materia di approvazione dei rendiconti in caso di mancato rispetto del termine de quo.

Resterebbe, pertanto, ineludibile prerogativa del Consiglio regionale, pure se in un momento successivo al predetto termine, la competenza inerente l’approvazione della legge di rendiconto, su iniziativa della Giunta regionale.

Del resto, secondo la Regione Abruzzo la mancata approvazione del rendiconto generale verrebbe a creare un vulnus ancor più grave nell’ordinamento contabile, anche in termini di coordinamento di finanza pubblica, impedendo così il perseguimento degli obiettivi di convergenza e di stabilità derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea.

Nell’ipotesi in cui la legge regionale in esame venisse dichiarata incostituzionale per il solo motivo riguardante il mancato rispetto della data del 30 giugno dell’anno successivo, si creerebbe una insostenibile situazione giuridica che, impedendo in termini assoluti di sanare, anche a posteriori, l’attività di rendicontazione, produrrebbe una paralisi senza via d’uscita per l’amministrazione regionale con le intuibili e inevitabili ripercussioni sulla finanza pubblica.

Evidenzia ulteriormente che precedenti leggi regionali di approvazione del rendiconto, ancorché emanate oltre il medesimo termine, non sono state impugnate dal Governo.

2.3.– Relativamente al secondo motivo di gravame, ritiene che al provvedimento impugnato dovrebbe essere data una differente lettura.

Richiamati i vari passaggi della vicenda amministrativa e giudiziaria sottesa all’adozione della legge regionale medesima, rammenta che in seguito all’approvazione del disegno di legge afferente il Rendiconto generale della Regione Abruzzo per l’esercizio 2013, la sezione regionale di controllo della Corte dei conti ne ha dichiarato la regolarità con l’esclusione:

«- del saldo finanziario positivo, di cui al prospetto dell’articolo 10 della proposta di legge di approvazione del rendiconto stesso, pari a euro 1.184.286.519,66 limitatamente alle voci dei residui attivi e passivi, nei capitoli e per gli importi riportati negli allegati A, B, C e D:

- della tabella dei “residui perenti ed economie vincolate esercizio 2013”, di cui all’articolo 11 della proposta di legge di approvazione del rendiconto stesso, concernente le somme a destinazione vincolata da reiscrivere negli esercizi successivi, per un totale di euro l.722.487.991,46.

- dei capitoli di cui all’allegato E, concernente economie vincolate riprogrammate per finalità diverse da quelle inizialmente previste per un importo di euro 61.899.400,13. (rectius 61.889.400,13) omissis, secondo le modalità di cui all’articolo 7, commi l, 2 e 3, della L.R. 10 gennaio 2013, n. 2 ..omissis..;

- del capitolo 21300 ..omissis.. osservato nell’ambito del procedimento di controllo delle scritture contabili su base campionaria;

- del disavanzo finanziario al termine dell’esercizio pari a euro - 538.201.471,80, ritenuto parziale e non attendibile, in assenza del riconteggio delle poste di cui sopra e della considerazione dell’anticipazione di liquidità ai sensi del d.l. 8 aprile 2016 (recante “Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio”, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 6 giugno 2013, n. 64)».

A conclusione del giudizio di parifica la stessa sezione regionale di controllo per l’Abruzzo della Corte dei conti ha stabilito di promuovere la questione di legittimità costituzionale in ordine alle sopra indicate disposizioni regionali riferite all’esercizio 2013 (art. 7, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Abruzzo n. 2 del 2013; artt. 1, 4, 11 e 15, comma 3, della legge della Regione Abruzzo n. 3 del 2013; ed art. 16 della legge della Regione Abruzzo n. 20 del 2013.

Le questioni di legittimità costituzionale sono state decise con la sentenza n. 89 del 27 aprile 2017, nella quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità delle richiamate previsioni, riguardanti le economie riprogrammate (punti da n. 1 a n. 5 del dispositivo) e la contabilizzazione dell’anticipazione di liquidità di cui al d.l. n. 35 del 2013 (punto n. 6 del dispositivo).

La Regione Abruzzo rammenta inoltre che in più di un passaggio la citata sentenza accenna all’attività di correzione dei conti da parte dell’amministrazione regionale, postulando espressamente, prima delle conclusioni che, «[…] in base al principio dell’equilibrio dinamico, la Regione Abruzzo è chiamata, pertanto, a rideterminare il bilancio dell’esercizio 2013 in modo da accertare il risultato di amministrazione secondo canoni costituzionalmente corretti».

2.4.– Osserva quindi la Regione Abruzzo che, avendo la Corte condiviso le osservazioni in tal senso formulate dalla Corte dei conti, si dovrebbe ritenere che i termini dell’attività di adeguamento richiesta siano quelli indicati nel punto 1.2. del Ritenuto in fatto della sentenza, laddove, nel riportare le richieste del giudice contabile che aveva attivato quel giudizio di costituzionalità, si precisa che «[…] Le disposizioni finanziarie e di bilancio censurate, peraltro, inciderebbero sulla gestione annuale, determinando un ampliamento non consentito della capacità di spesa, pari all’importo dell’avanzo presunto illegittimamente utilizzato per finalità di copertura; inoltre le variazioni di bilancio, operate con il richiamato art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 20 del 2013, avrebbero generato un impatto sostanziale sugli equilibri, sul risultato d’amministrazione e, conseguentemente, anche sull’equilibrio dei bilanci futuri. Difatti, se si applicassero le citate disposizioni, il disavanzo d’amministrazione dell’esercizio 2013 rimarrebbe fissato in euro 538.201.471,80, come esposto nel progetto di legge di approvazione del rendiconto. Diversamente, se le stesse venissero dichiarate costituzionalmente illegittime, le spese legate alla riprogrammazione di economie vincolate e quelle finanziate con le anticipazioni di liquidità, ottenute ai sensi dell’art. 3 del d.l. n. 35 del 2013, provocherebbero un incremento del disavanzo d’amministrazione del relativo importo (rispettivamente per euro 61.889.400, 15 ed euro 174.009.000,00)».

Evidenzia la Regione che l’ultimo periodo non riporta il totale complessivo, ma indica le relative modalità di calcolo: esse consisterebbero nel sommare al risultato contenuto nella delibera di Giunta regionale n. 688/C del 2015 (antecedente all’avvio del giudizio di parifica) i due importi oggetto del giudizio di incostituzionalità, operazione a fronte della quale si determinerebbe un ammontare finale complessivo del disavanzo di amministrazione pari a 774.099.871,95 (538.201.471,80 + 61.889.400,15 + 174.009.000,00 = 774.099.871,95).

Ne consegue che, prosegue la resistente, secondo le richieste della Corte dei conti, il risultato di amministrazione doveva essere corretto indicando un valore pari a - 774.099.871,95.

Espone la Regione Abruzzo che in occasione della precedente vertenza da un canto si era costituita in giudizio ma, dall’altro canto, a seguito di ulteriori riflessioni portate avanti con gli uffici finanziari competenti, aveva ravvisato l’opportunità di adeguarsi alle indicazioni della Corte dei conti, includendole, con adeguata modifica, nell’allora disegno di legge per l’approvazione del Rendiconto 2013.

In particolare, si era proceduto a rivedere il risultato d’amministrazione 2013, inserendo le due poste di spesa contestate dalla Corte dei conti e cioè quella relativa alle economie riprogrammate (pari a euro 61.889.400,15) e quella riferita all’anticipazione di liquidità (pari a euro 174.009.000,00), con peggioramento del risultato d’amministrazione

Sicché, con la legge regionale n. 16 del 2017, il risultato di amministrazione negativo veniva rappresentato pari a euro - 770.134.872,62.

Rammenta che il risultato di amministrazione si compone attraverso passaggi successivi:

a) dapprima si determina il saldo finale della gestione (competenza e residui) così come risultante dalle scritture contabili riepilogate nel conto del bilancio.

Il saldo attivo finale della gestione è pari ad euro 1.184,28 milioni ed è costituito dal fondo di cassa c/o il tesoriere al 31.12.2013 pari a euro 372,58 milioni, dai residui attivi pari a euro 2.189,50 milioni e dai residui passivi pari a euro 1.377,80 milioni.

Evidenzia in particolare la Regione che il saldo finanziario reca un risultato in diminuzione rispetto all’esercizio finanziario precedente, e costituisce l’esito delle procedure di riaccertamento dei residui al 31.12.2013;

b) quindi, ai fini della determinazione dell’effettivo saldo finale, occorre espungere dall’importo del saldo finanziario le seguenti voci:

i fondi a destinazione vincolata eliminati quali “economie” e “residui perenti vincolati” il cui ammontare, anche a seguito dell’adeguamento alle prescrizioni in sede di parifica della Corte dei conti, è risultato pari a euro 1.780.412.392,28, l’ulteriore accantonamento di euro 174.009.000,00 pari all’importo dell’anticipazione di liquidità.

c) a fronte delle operazioni in tal senso effettuate si giunge a determinare il risultato finale d’amministrazione che, relativamente all’esercizio 2013, è negativo per l’importo di euro - 770.134.872,62.

Tale risultato è riportato negli artt. 10, 11 e 12 della medesima legge regionale n. 16 del 2017 e precisamente nella sezione IV - “Risultati generali”.

Dalla lettura delle previsioni che precedono (l’art. 10 determina il saldo finanziario al 31 dicembre 2013, l’art. 11 approva la tabella delle economie vincolate e l’art. 12 approva il quadro riassuntivo della gestione finanziaria con un disavanzo effettivo di euro - 770.134.872,62) sarebbe pertanto possibile concludere che il disavanzo effettivo approvato con la legge regionale n. 16 del 2017 era pari a - 770.134.872,62 euro, sicché la differenza rispetto a quanto richiesto dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti, desumibile dalla modalità di calcolo indicata nel punto 1.2 del Ritenuto in fatto della sentenza n. 89 del 2017, sarebbe pari a euro 3.964.999,33. Tale valore corrisponderebbe all’importo delle economie vincolate rideterminatesi al termine dell’esercizio 2013 con riferimento alle somme re-iscritte relative alla riprogrammazione. In termini più semplicistici, a fine annualità 2013, rispetto ai 61.889.400,15 di euro reiscritti, solo 57 milioni sono stati impegnati e, quindi la somma residua, pari appunto a 3.964.999,33 euro, era già ricompresa all’interno della tabella delle economie vincolate pari ad euro l.722.487.991,46, contenuta nella delibera di Giunta regionale n. 688/C/2015 di approvazione del rendiconto oggetto di giudizio di parifica della sezione regionale della Corte dei conti. Pertanto, l’importo di 3.964.999,33 euro, avendo già concorso alla quantificazione delle economie vincolate, non era stato preso in considerazione nel calcolo effettuato e riportato nella legge regionale n. 16 del 2017, in quanto le pertinenti somme erano già state ricomprese nella determinazione del risultato d’amministrazione e, dunque, l’aggiunta dell’intero importo di 61 milioni di euro all’aumento del disavanzo avrebbe comportato una duplicazione di economie vincolate per 3,9 milioni di euro.

In conclusione, per le ragioni sopra riportate, secondo la Regione Abruzzo le economie vincolate sono state incrementate di un importo pari alla differenza tra la somma re-iscritta e quella impegnata, ovvero 3.964.999,33 euro, ed il risultato d’amministrazione dell’anno 2013 è stato rideterminato, così come richiesto dalla sezione regionale della Corte dei conti, in - 770.134.872,62 (disavanzo).

2.5.– Ripercorsi nei termini che precedono i passaggi principali della procedura contabile seguita dagli uffici regionali competenti per il riaccertamento delle somme di cui al Rendiconto 2013, la Regione Abruzzo richiama le considerazioni in fatto della sentenza n. 89 del 2017, ed alla fine del punto 2.2 del Ritenuto in fatto, dove viene riportata per due volte la stessa affermazione: «Nel corso dell’udienza pubblica, la difesa della Regione Abruzzo ha illustrato la sopravvenuta legge regionale 7 marzo 2017, n. 16 (Rendiconto generale per l’esercizio 2013. Conto finanziario, conto generale del patrimonio e nota illustrativa preliminare), che avrebbe approvato il rendiconto 2013, il quale presenterebbe un congruo avanzo. in tal modo sarebbe non solo dimostrata l’opera di risanamento dei conti regionali, ma sarebbero anche superate le censure della sezione rimettente in ordine alla copertura delle partite di spesa impugnate e delle spese correlate alla anticipazione di liquidità».

Sul punto, evidenzia la regione che la ratio sottesa all’iniziativa normativa regionale era effettivamente rivolta all’approvazione del Rendiconto relativo all’annualità 2013 al fine di superare le censure sollevate dal giudice remittente in ordine alla copertura delle partite di spesa impugnate e delle spese correlate alla anticipazione di liquidità.

Obietta che tale finalità, tuttavia, diversamente da quanto si legge nel citato passaggio della sentenza in parola, non sarebbe stata affatto perseguita dal legislatore regionale attraverso un rendiconto che presenta un «congruo avanzo», bensì con un risultato che presenta un congruo disavanzo, siccome aumentato delle poste richieste proprio dalla sezione regionale della Corte dei conti (pari a euro - 770.134.872,62) e quindi sarebbe del tutto coerente con le istanze avanzate dal giudice contabile in sede di parifica.

2.5.1.– Parimenti, si prosegue, in altro passaggio della sentenza (punto 7.2 delle considerazioni in diritto) si legge che «Ne è dimostrazione l’art. 13 della sopravvenuta legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017 laddove si prevede un avanzo di amministrazione per l ‘esercizio 2013 pari ad euro 1.184.286.519,66, mentre il risultato di amministrazione accertato dalla Corte dei conti presenta, al netto delle partite non parificate, un saldo negativo, pari ad euro 538.201.471,80, “ritenuto parziale e non attendibile, in assenza del riconteggio [di poste attive e passive non accertabili] e della considerazione dell’anticipazione di liquidità ex d.l. n. 35/2013” (delibera della Corte dei conti, sezione controllo per l’Abruzzo n. 39/2016/PARI, lettera e del dispositivo).» Al riguardo evidenzia la Regione Abruzzo che il valore riportato nel citato passaggio, pari a euro 1.184.286.519,66 verrebbe erroneamente considerato alla stregua di un risultato di amministrazione, mentre il relativo importo rappresenta un risultato parziale antecedente alla determinazione delle economie vincolate (che è pari a euro 1.780.412.392,28).

2.5.2.– Ulteriormente, osserva che nel punto 1.2. delle considerazioni in diritto contenute nella medesima sentenza la Corte fa ancora riferimento all’udienza di discussione del precedente giudizio: «Nel corso dell’udienza la difesa regionale ha sostenuto che non vi sarebbe un disavanzo di amministrazione precedente, poiché i residui attivi e passivi da sommare alle risultanze di cassa finirebbero per dare al risultato di amministrazione un segno positivo: è stata così richiamata la legge regionale 7 marzo 2017, n. 16 (Rendiconto generale per l ‘esercizio 2013. Conto finanziario, conto generale del patrimonio e nota illustrativa preliminare) che avrebbe dimostrato l’esistenza di un avanzo per l’esercizio 2013».

2.5.3.– Obietta la Regione Abruzzo che tale ordine di argomentazioni, che replica quanto già affermato nel Ritenuto in fatto, muoverebbe dall’erroneo presupposto che la legge regionale sopravvenuta dimostrerebbe «[…] l’esistenza di un avanzo per l’esercizio 2013», mentre il Rendiconto approvato con la legge reg. n. 16 del 2017, adeguandosi ai rilievi della Corte dei conti presentava un congruo disavanzo aumentato delle poste richieste dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti pari a euro - 770.134.872,62 del tutto coerente con le istanze formulate in sede di parifica.

2.5.4.– Con riferimento al quanto affermato nel punto 6.4 delle considerazioni in diritto della citata sentenza si afferma che «Non può essere, infine, preso in considerazione l’argomento, svolto in sede di discussione orale dalla difesa regionale, secondo cui la sopravvenuta legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017 avrebbe risolto il problema della copertura attraverso l’accertamento di un congruo avanzo di amministrazione».

Al riguardo, secondo la Regione Abruzzo dovrebbe invece ribadirsi quanto già evidenziato in ordine al fatto che il Rendiconto 2013, a differenza di quanto si legge nella citata sentenza n. 89 del 2017, non chiudeva con un avanzo di amministrazione, bensì con un disavanzo di 770 milioni di euro, quindi maggiore rispetto al disavanzo di 538 milioni di euro, antecedente alla parifica della Corte dei conti. Pertanto, attraverso la legge n. 16 del 2017 la Regione Abruzzo avrebbe approvato il rendiconto 2013 in adesione alle indicazioni ed alle richieste del giudice contabile, inserendo nel disavanzo sia le maggiori spese da riprogrammazione sia l’anticipazione di liquidità.

2.5.5.– In merito a quanto sostenuto dalla Corte nel punto 6.4 del Considerato in diritto della sentenza n. 89 del 2017, laddove si afferma che: «Detto avanzo viene ottenuto attraverso un’operazione contabile non corretta, per i motivi in precedenza già evidenziati, in considerazione del fatto che vengono inserite partite attive per ben 2.189.508.684,93 di euro in assenza delle necessarie operazioni di accertamento, come è stato contestato dalla Corte dei conti in sede di parifica del medesimo rendiconto 2013.», la Regione Abruzzo intende chiarire che il valore riportato pari a 2.189.508.684,93 di euro di residui attivi sarebbe rintracciabile nel prospetto contenuto nell’articolo 10 della medesima legge regionale n. 16 del 2017 e costituisce l’importo dei residui attivi da conservare che concorre alla determinazione del saldo del conto del bilancio.

Sebbene la menzionata sentenza n. 89 osservi che detto valore risulterebbe iscritto «[…] in assenza delle necessarie operazioni di accertamento» e che tale circostanza sarebbe stata contestata anche dalla Corte dei conti in sede di parifica del medesimo rendiconto 2013, la Regione Abruzzo obietta che, ad un esame più analitico delle risultanze del giudizio di parifica della Corte dei Conti, sarebbe possibile rilevare che la sezione regionale di controllo, con riferimento al Rendiconto generale della Regione Abruzzo per l’esercizio 2013, abbia espressamente escluso dalla regolarità contabile il saldo finanziario positivo, di cui al prospetto contenuto nell’articolo 10 della proposta di legge di approvazione del rendiconto stesso, pari a euro 1.184.286.519,66 limitatamente alle voci dei residui attivi e passivi, nei capitoli e per gli importi riportati negli allegati A, B, C e D.

Dalla lettura della predetta ordinanza, dunque, non tutti i residui attivi e passivi sarebbero stati ritenuti non parificati ma esclusivamente quelli riportati nelle suddette tabelle. Più precisamente, i riepiloghi delle partite attive (residui attivi) e delle partite passive (residui passivi) che non sono stati oggetto di parifica concernerebbero solamente alcune tipologie di residui attivi (e precisamente: residui ritenuti sussistenti dall’amministrazione ma non formalmente riaccertati e mantenuti con riserva in quanto da sottoporre a ulteriori verifiche e comunque al riaccertamento dei residui al 31 dicembre 2014; residui attivi di importo non motivato all’esito del contraddittorio; residui attivi di importo ancora incerto all’esito del contraddittorio) per circa 120 milioni di euro; e residui passivi (ritenuti sussistenti dall’amministrazione ma non formalmente riaccertati e mantenuti con riserva in quanto da sottoporre a ulteriori verifiche e comunque al riaccertamento dei residui al 31 dicembre 2014), per circa 138 milioni di euro.

La Regione Abruzzo afferma di condividere pienamente le riflessioni di questa Corte a proposito del fatto che, a prescindere dalla procedura di riaccertamento straordinario dei residui prevista dal d.lgs. n. 118 del 2011, «[…] sussiste comunque l’obbligo indefettibile per ciascun ente territoriale di effettuare annualmente, ed in ogni caso prima della predisposizione del rendiconto, l’esatta ricognizione dei residui attivi e passivi» (sentenza n. 89 del 2017).

Sul punto rappresenta tuttavia che, nella fattispecie che ne occupa, le poste ritenute non parificabili dalla sezione regionale della Corte dei conti risulterebbero pari a 120 milioni di euro di residui attivi ed a 138 milioni di euro di residui passivi: importi indubbiamente significativi ma che non potrebbero ritenersi certo abnormi rispetto al complesso di residui attivi e passivi.

Inoltre, la Regione evidenzia che dall’esame delle risultanze si evincerebbe che le poste dei residui passivi non parificate siano maggiori di quelle attive. Ne conseguirebbe che una eliminazione delle stesse (tra l’altro subordinata ad una revisione) comporterebbe un miglioramento del risultato d’amministrazione.

La resistente rappresenta inoltre che nel corso dell’anno 2016 l’esecutivo regionale e gli uffici finanziari della Regione Abruzzo avrebbero effettuato le operazioni di riaccertamento dei residui e dall’analisi delle partite riaccertate e riferite alle tabelle A, B, C e D e che erano state contestate nel giudizio di parifica 2013.

2.5.6.– In merito poi a quanto affermato da questa Corte nella predetta sentenza n. 89 del 2017 (punto 7.2. del Considerato in diritto) dove si legge che «In particolare, risulta insanabile la contraddizione tra l’esigenza di chiedere allo Stato l’anticipazione di cassa e la situazione di formale e rilevante avanzo di amministrazione (ipotizzato nella sopravvenuta legge regionale in euro 1.184.286.519,66), nonché improbabile una così florida situazione dopo un deficit della sanità tanto ampio da comportare una quasi decennale procedura di rientro», obietta la Regione Abruzzo che la situazione “florida” che la Corte ritiene improbabile non potrebbe ipotizzarsi nel caso di specie, stante l’accertato disavanzo di oltre 770 milioni di euro.

2.5.7.– In merito a quanto rilevato nel punto 8 del Considerato in diritto della sentenza ora citata, dove si afferma che «La Regione Abruzzo ha più volte dedotto, sia nelle memorie che oralmente, l’esigenza di mettere in sicurezza i propri conti e quella di riallineare temporalmente la fisiologica approvazione dei rendiconti degli esercizi decorsi. Con tali lodevoli intenti non è tuttavia coerente il percorso normativa seguito. Infatti, la regolarizzazione della tenuta dei conti non consiste nel mero rispetto della sequenza temporale degli adempimenti legislativi ed amministrativi afferenti al bilancio preventivo e consuntivo. Il nucleo della sana gestione finanziaria consiste, al contrario, nella corretta determinazione della situazione economico-finanziaria da cui prende le mosse e a cui, successivamente, approda la gestione finanziaria. Tale determinazione è strettamente correlata al principio di continuità degli esercizi finanziari, per effetto del quale ogni determinazione infedele del risultato di amministrazione si riverbera a cascata sugli esercizi successivi. Ne risulta così coinvolto in modo durevole l’equilibrio del bilancio: quest’ultimo, considerato nella sua prospettiva dinamica, la quale «consiste nella continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle finalità pubbliche» (sentenza n. 266 del 2013; in senso conforme, sentenza n. 250 del 2013), esige che la base di tale ricerca sia salda e non condizionata da perturbanti potenzialità di indeterminazione. Proprio la costanza e la continuità di tale ricerca ne spiegano l ‘operatività nel! ‘arco di più esercizi finanziari; al contrario, prendere le mosse da infedeli rappresentazioni delle risultanze economiche e patrimoniali provoca un effetto “domino” nei sopravvenienti esercizi, pregiudicando irrimediabilmente ogni operazione di risanamento come quella rivendicata dalla Regione Abruzzo attraverso le norme censurate e la legge sopravvenuta. In questa prospettiva sia le disposizioni di legge denunciate dalla magistratura rimettente, sia la richiamata legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017 pregiudicano ulteriormente l’equilibrio finanziario della Regione Abruzzo, già storicamente inciso dalle pregresse gestioni e dalle disposizioni di legge regionale che ne erano alla base», la Regione Abruzzo sostiene che, sulla scorta delle precisazioni già effettuate in merito all’incremento del disavanzo a 770 milioni di euro, la legge regionale n. 16 del 2017 – al contrario delle leggi approvate nel 2013 e che avevano hanno pregiudicato gli equilibri regionali – avrebbe messo in sicurezza i conti regionali rilevando un risultato negativo del tutto allineato con quanto richiesto in sede di parifica dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti.

La Regione non ritiene quindi condivisibile quanto affermato dalla Corte nella sentenza n. 89 del 2017 (punto 8.1. del Considerato in diritto), dove la Corte così conclude: «[…] le norme censurate ripetono e aggravano fenomeni distorsivi della finanza regionale già oggetto di sindacato negativo da parte di questa Corte (infedeltà del risultato d’amministrazione e mancato accertamento dei residui; sforamento dei limiti di spesa attraverso l’iscrizione di fittizie partite di entrata quali l’avanzo di amministrazione presunto: sentenze n. 192 del 2012 e n. 250 del 2013), mentre la sopravvenuta legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017, oltre a non tenere in alcun conto la parifica parziale della Corte dei conti effettuata con delibera n. 3912016/PARI, finisce per alterare in modo ancor più grave le disfunzioni accertate per gli anni precedenti. È evidente come tutto ciò conduca ad una situazione di ulteriore anomalia anziché produrre la normalizzazione auspicata dalla Regione». In particolare la resistente ritiene di aver già ampiamento fornito adeguate argomentazioni a sostegno dell’attività di adeguamento alle prescrizioni rese dal giudice contabile, avendo essa avviato nel 2013 e proseguito nel 2014 un processo di riaccertamento con contestuale accantonamento. Aggiunge inoltre che, in ossequio anche ai principi espressi da codesta Corte, la Regione Abruzzo avrebbe altresì proceduto all’approvazione della delibera di ripartizione decennale del maggior disavanzo.

2.6.– La Regione Abruzzo ritiene in definitiva che il Rendiconto 2013 e le risultanze dello stesso, così come contenute nella legge regionale n. 16 del 2017, rispondano alle richieste del giudice contabile, e abbiano di fatto realizzato quell’attività di «corretto riaccertamento dei residui attivi e passivi che possa consentire una credibile e congruente determinazione del risultato d’amministrazione» auspicata anche da questa Corte nella sentenza n. 89 del 2017.

2.7.– Conclude quindi chiedendo che il ricorso sia ritenuto infondato o comunque rigettato nel merito, con riferimento ad entrambi i motivi di gravame.

3.– Con memoria depositata per l’udienza pubblica il Presidente del Consiglio dei ministri ha replicato alle difese della Regione Abruzzo.

3.1.– In merito alla censura che evidenziava che la legge reg. n. 16 del 2017 è stata approvata in forma legislativa oltre i termini tassativi imposti dall’art. 39, comma l, della legge reg. n. 3 del 2002, e dall’art. 29, comma l, del d.lgs. n. 76 del 2000, il ricorrente non ritiene condivisibile la tesi della difesa della Regione Abruzzo che vorrebbe attribuire al richiamato termine del 30 giugno natura ordinatoria, in quanto la natura perentoria del termine deriverebbe dall’applicazione coerente e sistematica dei principi generali in tema di pareggio e di equilibrio tendenziale di bilancio fissati dall’art. 81, quarto comma, Cost., con particolare riferimento alla prima delle due regole (una statica e una dinamica), attraverso le quali tali principi si realizzano, la prima consistente nella parificazione delle previsioni di entrata e di spesa e la seconda nel continuo perseguimento di una situazione di equilibrio tra partite attive e passive che compongono il bilancio, attraverso un’interazione delle loro dinamiche in modo tale che il saldo sia tendenzialmente nullo (è richiamata la sentenza n. 250 del 2013, punto 3.2. del Considerato in diritto).

Inoltre, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri non potrebbe assumere alcun rilievo il fatto che le precedenti leggi regionali di approvazione del rendiconto, anche se emanate nello stesso termine, non siano state impugnate dal Governo.

Tale circostanza, si prosegue, non potrebbe far sorgere alcuna legittima aspettativa di analogo trattamento, anche in considerazione del ruolo svolto dallo Stato che è direttamente responsabile delle regole di convergenza e di stabilità dei conti pubblici, provenienti sia dall’ordinamento eurounitario sia da quello nazionale.

3.2.– In merito al secondo motivo di ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che se è indubitabile che il controllo effettuato dalla Corte dei conti sia finalizzato a stimolare l’adozione da parte delle Amministrazioni interessate di processi di autocorrezione in un’ottica di interazione e di collaborazione al fine, in ogni caso, di salvaguardare l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa e la sana gestione finanziaria degli stessi, sarebbe proprio con riferimento alle statuizioni contenute nella sentenza della Corte n. 89 del 2017 che, in concreto, le rideterminazioni del bilancio dell’esercizio 2013 non sarebbero state svolte correttamente.

Secondo il ricorrente, sebbene con un comportamento successivo la Regione Abruzzo abbia proceduto a rivedere il risultato di amministrazione 2013 (come la medesima afferma nella memoria di costituzione), e ritenga di aver ripetuto l’attività di accertamento registrando un miglioramento del processo di analisi dei residui, la ricognizione annuale dei residui attivi e passivi – da ritenersi un’operazione propedeutica a qualsiasi rendiconto, in quanto consente di individuare formalmente tutte le componenti degli esercizi decorsi che influiscono sul risultato di amministrazione – non sembrerebbe completata nella sua interezza, permanendo così inalterati i rilievi e le considerazioni contenute nella citata sentenza n. 89 del 2017.

Al riguardo il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che permarrebbe l’esigenza di individuare le obbligazioni assunte, ma non ancora adempiute al fine, appunto, di conservare nell’apposito conto dei residui, la provvista necessaria per l’adempimento, assicurando in tal modo la copertura dei debiti anche negli anni finanziari successivi a quello in cui l’obbligazione è sorta, nella definizione della realtà gestionale che deve trovare veridica rappresentazione nel rendiconto. La regola del riaccertamento sarebbe quindi l’unica in grado di garantire la tendenziale realizzazione del principio di veridicità del bilancio e del rendiconto.


Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Abruzzo 7 marzo 2017, n. 16 (Rendiconto generale per l’esercizio 2013, conto finanziario, conto generale del patrimonio e nota illustrativa preliminare), in riferimento agli artt. 81, quarto comma, e 117, terzo comma, della Costituzione, e in relazione all’art. 29, comma 1, del decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge 25 giugno 1999, n. 208), e all’art. 39, comma 1, della legge Regione Abruzzo 25 marzo 2002, n. 3 (Ordinamento contabile della Regione Abruzzo).

Il ricorrente ha altresì impugnato, specificamente, gli artt. 1, commi 1 e 2; 8; 9; 10; 11 e 12 di tale legge in riferimento agli artt. 81, quarto comma, e 117, secondo comma, lettera e), e terzo comma, Cost., anche in riferimento ai «principi fondamentali» in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, in quanto, per le ragioni già esposte nella sentenza della Corte costituzionale n. 89 del 2017, detta legge nel suo complesso e con le disposizioni sopra richiamate pregiudicherebbe ulteriormente l’equilibrio finanziario della Regione Abruzzo e finirebbe anche per alterare in modo ancor più grave le disfunzioni accertate per gli anni precedenti.

1.1.‒ Con il primo motivo di ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che la tardiva approvazione del rendiconto 2013 da parte della Regione Abruzzo, avvenuta a distanza di anni con la legge impugnata, la renderebbe di per sé illegittima. Tale ritardo integrerebbe la lesione degli artt. 81, quarto comma, e 117, terzo comma, Cost., e delle norme interposte che fissano la scadenza al 30 giugno dell’anno successivo all’esercizio interessato.

Con il secondo motivo di ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri impugna specificamente gli artt. 8, 9, 10, 11 e 12 della legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017, denunciando il loro contrasto con l’art. 81 Cost. e, in particolare, con il quarto comma dello stesso, nonché con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. in materia di sistema contabile dello Stato, con l’art. 117, terzo comma, Cost. (con riguardo ai principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica), nonché con le «fonti interposte, rappresentate dai principi di coordinamento della finanza pubblica emanati dal legislatore statale, nei quali, appunto, sono ravvisabili limitazioni ai saldi dei bilanci regionali (in tal senso, in particolare, le sentenze n. 70 del 2012 e n. 115 del 2012)».

Sebbene con riferimento alla seconda questione la censura sia rivolta a specifici articoli, il ricorrente sostiene che la legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017 nel suo complesso e nella sua interezza pregiudichi «ulteriormente l’equilibrio finanziario della Regione Abruzzo» e finisca anche «per alterare in modo ancor più grave le disfunzioni accertate per gli anni precedenti», in violazione dei richiamati artt. 81, 117, secondo comma, lettera e), e terzo comma, Cost. L’illegittimità costituzionale del rendiconto 2013 deriverebbe, quindi, dalla sua non conformità ai «principi fondamentali» sopra illustrati in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, applicabili alla fattispecie ratione temporis.

Il Presidente del Consiglio dei ministri censura inoltre la legge regionale impugnata per il fatto che «all’art. 11, approvando la tabella Residui perenti ed economie vincolate 2013, riconosce gli importi delle economie riprogrammate, oggetto di rilievo della Corte dei Conti, e, all’art. 12, rileva un disavanzo effettivo che include l’importo dell’anticipazione di liquidità, sebbene non sia rappresentato nel conto finanziario».

In sintesi, il ricorrente lamenta l’inattendibilità dei conti, a partire dalla rappresentazione del risultato di amministrazione, imputando alla Regione l’ostinazione nel non provvedere a ripristinare un corretto ciclo di bilancio, adottando un’effettiva e completa operazione di trasparenza sui conti regionali (innanzi tutto mediante un corretto riaccertamento delle partite contabili pregresse).

1.2.‒ Con riguardo alla tempistica di approvazione del rendiconto generale per l’anno 2013, la Regione Abruzzo evidenzia che il termine del 30 giugno non potrebbe essere inteso in maniera perentoria, tale da precludere categoricamente la possibilità di adozione di un successivo provvedimento in merito e non potrebbe, quindi, comportare alcuna decadenza rispetto all’approvazione del rendiconto regionale; in nessun caso, comunque, potrebbe ritenersi preclusa un’approvazione tardiva dei documenti contabili di rendicontazione, visto che né l’art. 39 della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2002, concernente l’ordinamento contabile regionale, né la normativa statale applicabile alla fattispecie in disamina attribuiscono ad altri soggetti la competenza in materia di approvazione dei rendiconti in caso di mancato rispetto del termine de quo.

Secondo la Regione, nell’ipotesi in cui la legge regionale in esame venisse dichiarata incostituzionale per il solo motivo riguardante il mancato rispetto della data del «30 giugno dell’anno successivo», si creerebbe un’insostenibile situazione giuridica che, impedendo in termini assoluti di sanare, anche a posteriori, l’attività di rendicontazione, produrrebbe una paralisi senza via d’uscita per l’amministrazione regionale, con inevitabili ricadute anche sulla finanza pubblica. La resistente evidenzia che le precedenti leggi regionali di approvazione del rendiconto, ancorché emanate oltre il medesimo termine, non sono state fatte oggetto d’impugnazione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri.

Ad avviso della resistente, con la legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017 essa avrebbe approvato il rendiconto 2013 in adesione alle indicazioni e alle richieste del giudice contabile, inserendo nel disavanzo sia le maggiori spese da riprogrammazione sia l’anticipazione di liquidità.

Secondo la Regione Abruzzo, non potrebbe che ribadirsi quanto già evidenziato in ordine al fatto che il rendiconto 2013, a differenza di quanto si legge nella sentenza di questa Corte n. 89 del 2017, non chiuda con un avanzo di amministrazione, bensì con un disavanzo di 770 milioni di euro, maggiore rispetto al disavanzo di 538 milioni di euro, antecedente alla parifica della Corte dei conti. Da un esame più analitico delle risultanze del giudizio di parifica della Corte dei conti, sarebbe possibile ricavare che la sezione regionale di controllo, con riferimento al rendiconto generale della Regione Abruzzo per l’esercizio 2013, abbia espressamente escluso dalla regolarità contabile il saldo finanziario positivo, di cui al prospetto contenuto nell’art. 10 della proposta di legge di approvazione del rendiconto stesso, pari a euro 1.184.286.519,66, limitatamente alle voci dei residui attivi e passivi, nei capitoli e per gli importi riportati negli allegati A, B, C e D. Aggiunge inoltre che, in ossequio anche ai principi espressi dalla Corte costituzionale, la Regione Abruzzo avrebbe altresì proceduto all’approvazione della delibera di ripartizione decennale del maggior disavanzo.

2.‒ La questione, proposta in riferimento agli artt. 81 e 117, terzo comma, Cost. e in relazione alla legge reg. n. 3 del 2002 e al d.lgs. n. 76 del 2000 circa il superamento del termine di legge per l’emanazione della legge di approvazione del rendiconto, non è fondata.

È vero – come affermato dal ricorrente – che i termini per l’approvazione del rendiconto 2013 della Regione Abruzzo sono ampiamente scaduti e che tale grave ritardo fa seguito a un’ulteriore serie di ritardi inerenti agli esercizi anteriori al 2013. Il superamento del termine di legge, tuttavia, non consuma il potere-dovere dell’amministrazione regionale di provvedere a un adempimento indefettibile quale l’approvazione del rendiconto. Infatti, il principio di continuità degli esercizi finanziari pubblici, che è uno dei parametri teleologicamente collegati al principio dell’equilibrio pluriennale del bilancio di cui all’art. 81 Cost., esige che ogni rendiconto sia geneticamente collegato alle risultanze dell’esercizio precedente, dalle quali prende le mosse per la determinazione delle proprie. Ne consegue che siffatta infondata preclusione paralizzerebbe, ove fosse applicata, la corretta gestione economico-finanziaria degli esercizi successivi.

Invero, il richiamato principio di continuità del bilancio è una specificazione del principio dell’equilibrio tendenziale contenuto nell’art. 81 Cost., in quanto «collega gli esercizi sopravvenienti nel tempo in modo ordinato e concatenato» (ex plurimis, sentenza n. 181 del 2015), consentendo di inquadrare in modo strutturale e pluriennale la stabilità dei bilanci preventivi e successivi.

Non può essere tuttavia condivisa l’altra eccezione della resistente, secondo cui sarebbe “ineludibile” la competenza della Regione in qualsiasi situazione di ritardo poiché le norme in materia non «attribui[rebbero] ad altri soggetti [diversi dalla Regione] la competenza in materia di approvazione della legge di rendiconto». Al contrario, in presenza di reiterati e gravi ritardi nell’espletamento di funzioni primarie da parte dell’ente territoriale, l’ordinamento consente anche provvedimenti sostitutivi come, ad esempio, la predisposizione del rendiconto, sulla base del potere contemplato dall’art. 120, secondo comma, Cost.

3.‒ Le questioni di legittimità costituzionale proposte con il secondo motivo di ricorso nei confronti degli artt. 1, commi 1 e 2; 8; 9; 10; 11 e 12 della legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017, in riferimento agli artt. 81 e 117, secondo e terzo comma, Cost., sono invece fondate.

Tali disposizioni prevedono rispettivamente: l’approvazione delle risultanze generali (art. 1); i residui emergenti a chiusura della gestione 2013 trasferiti a quella successiva (artt. 8 e 9); la sommatoria algebrica – pari a euro 1.184.286.519,66 – del fondo di cassa e dei residui attivi e passivi al 31 dicembre 2013, normativamente definita come «saldo finanziario positivo al 31.12.2013» (art. 10); la tabella «Residui perenti ed economie vincolate esercizio 2013» da reiscrivere negli esercizi successivi per un totale di euro 1.780.412.392,28 (art. 11); il quadro riassuntivo della gestione finanziaria dell’esercizio finanziario 2013 «corredato della comunicazione di riepilogo delle riscossioni e dei pagamenti riportati nel conto giudiziale relativo all’esercizio finanziario 2013, da cui rileva un disavanzo effettivo di euro 770.134.872,62» (art. 12).

Dal loro collegamento – in particolare tra gli artt. 10, 11 e 12 – emerge un forte contrasto logico per la presenza contemporanea di: a) un “saldo positivo” risultante dalla sommatoria di fondo di cassa, residui attivi e passivi. Nelle sue componenti la locuzione “saldo positivo” corrisponde specularmente al concetto di “risultato di amministrazione” come definito – senza soluzione di continuità – da norme risalenti e da quelle attualmente vigenti (come di seguito analiticamente indicate); b) residui perenti non reiscritti nell’esercizio interessato, malgrado la sua intervenuta conclusione e a oltre tre anni dalla sua chiusura; c) un “disavanzo di amministrazione” assolutamente scollegato dalla sommatoria algebrica – prevista dalla legge – di residui attivi, passivi e del fondo di cassa.

Tale evidente aporia, unitamente alla dimensione dei residui attivi e passivi, dei residui perenti e delle cosiddette economie vincolate, rende le risultanze del bilancio consuntivo in contrasto con l’art. 81 Cost. poiché connotate da un insieme di dati numerici e di collegamenti normativi privi, nel loro complesso, di attendibilità e coerenza e insuscettibili di essere valutati come credibili, sufficientemente sicuri, non arbitrari o irrazionali (ex plurimis, sentenze n. 106 e n. 68 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010, n. 213 del 2008, n. 384 del 1991 e n. 1 del 1966).

Nel loro complesso le risultanze degli artt. 10, 11 e 12 si manifestano oltretutto in modo ancipite, oscillando tra un segno di senso positivo (avanzo) e uno negativo (disavanzo), peraltro senza alcuna congruenza matematica tra le rappresentate oscillazioni. In proposito è stato affermato da questa Corte che l’«elevata tecnicità degli allegati di bilancio e […] la loro sofisticata articolazione deve essere necessariamente compensata – nel testo della legge di approvazione del rendiconto – da una trasparente, corretta, univoca, sintetica e inequivocabile indicazione del risultato di amministrazione e delle relative componenti di legge» (sentenza n. 274 del 2017). Tali caratteri non si riscontrano nella legge della Regione Abruzzo di approvazione del rendiconto 2013, che presenta una struttura normativamente e logicamente incongrua.

Sul punto è necessaria un’ulteriore precisazione che si collega all’evoluzione della finanza pubblica anche in relazione alla riforma introdotta dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), la quale ha rafforzato i parametri costituzionali attinenti all’equilibrio individuale dei conti appartenenti al settore pubblico allargato e al controllo dell’indebitamento (artt. 81 e 97, primo comma, Cost.). Tale evoluzione – che si è estrinsecata, in particolare per gli enti territoriali, in una complessa rete di norme attuative, tra le quali è bene ricordare la “legge organica”, il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), e successive modifiche e integrazioni, nonché le leggi di stabilità e di bilancio succedutesi a partire da tale riforma – comporta che, nelle leggi di approvazione del rendiconto delle Regioni, gli elementi basilari inerenti alla dimostrazione della situazione economico-finanziaria siano espressi con chiarezza e coerenza anche in rapporto alla fondamentale interdipendenza con il principio di legittimazione democratica, indefettibile raccordo tra la gestione delle risorse della collettività e il mandato elettorale degli amministratori.

In definitiva, la legge di approvazione del rendiconto – indipendentemente dalla compilazione e redazione dei complessi allegati al bilancio previsti dal d.lgs. n. 118 del 2011 – deve contenere, in coerenza con le risultanze di detti allegati, tre elementi fondamentali: a) il risultato di amministrazione espresso secondo l’art. 42 del decreto in questione; b) il risultato della gestione annuale inerente al rendiconto; c) lo stato dell’indebitamento e delle eventuali passività dell’ente applicate agli esercizi futuri.

Infatti, il primo risultato chiarisce la situazione economico-finanziaria al termine dell’esercizio in modo comparabile a quella dell’anno precedente e a quella che sarà determinata per l’esercizio successivo. Il secondo enuclea – dal contesto complessivo di cui al precedente punto a) – le risultanze della gestione annuale integralmente imputabile agli amministratori in carica. Il terzo fornisce il quadro pluriennale dell’indebitamento, consentendo una prospettiva di sindacato sia in relazione ai vincoli europei, sia in relazione all’equità intergenerazionale, strumento servente alla determinazione dei costi-benefici afferenti alle generazioni future con riguardo alle politiche di investimento in concreto adottate.

Tali elementi, indipendentemente dalla tecnicità degli allegati al bilancio, costituiscono appunto la necessaria attuazione degli evocati precetti costituzionali di natura finanziaria.

Se le esposte considerazioni avvalorano in modo stringente la non conformità a Costituzione delle norme impugnate, non può essere sottaciuto che la Regione svolge buona parte delle sue difese mediante obiezioni verso la precedente sentenza n. 89 del 2017 di questa Corte, sicché la complessità della vicenda e il tono delle contestazioni necessitano di articolate risposte, attraverso le quali sarà evidenziato anche il patente contrasto delle disposizioni regionali con il secondo e il terzo comma dell’art. 117 Cost.

3.1.‒ La prima obiezione riguarda una serie di eccentriche operazioni matematiche attraverso le quali la Regione Abruzzo arriva a sostenere: a) che il risultato di amministrazione accertato nell’esercizio 2013 non sarebbe costituito dall’avanzo di euro 1.184.286.519,66 esposto all’art. 10 della legge impugnata, bensì dal disavanzo di euro - 770.134.872,62 esposto al successivo art. 12; b) che detto risultato sarebbe «del tutto coerente con le istanze avanzate dal giudice contabile in sede di parifica» e che il saldo attivo di euro 1.184.286.519,66 sarebbe stato da questa Corte (con la sentenza n. 89 del 2017) e dal Presidente del Consiglio dei ministri «erroneamente considerato alla stregua di un risultato di amministrazione, mentre il relativo importo rappresent[erebbe] un risultato parziale antecedente alla determinazione delle economie vincolate (che è pari a 1.780.412.392,28). Ne consegue, come già evidenziato, che il disavanzo finale (riportato nell’art. 12 della L.R. n. 16/17) è pari a - 770.134.872,62», mentre l’importo di euro 1.184.286.519,66, esposto all’art. 10 della legge impugnata rappresenterebbe un risultato parziale antecedente alla determinazione delle economie vincolate (che è pari a euro 1.780.412.392,28).

Nessuna di tali deduzioni può essere condivisa.

3.1.1.‒ Per quel che riguarda la pretesa “conformità di vedute” con la Corte dei conti, occorre anzitutto ricordare che oggetto del presente giudizio è un autonomo ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri e che spetta a questa Corte valutare la legittimità delle operazioni di bilancio oggetto del ricorso. Del resto gli atti della magistratura contabile possono essere tenuti presenti solo nell’eventuale forma dell’accertamento compiuto sulle risultanze del progetto di rendiconto presentato dalla Regione (ex plurimis, sentenza n. 181 del 2015) e non certo ricavando arbitrariamente dalla relazione allegata alla parifica frasi “decontestualizzate” o pretese lacune.

È vero invece – al contrario di quanto ritenuto dalla Regione Abruzzo – che la Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione Abruzzo, sia prima che dopo la decisione di parifica del rendiconto 2013, ha contestato una serie di irregolarità e di violazioni di legge sostanzialmente analoghe a quelle che avevano indotto precedenti accoglimenti di ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti di bilanci e partite finanziarie della medesima Regione (il riferimento deve intendersi: alla sentenza n. 250 del 2013, con la quale questa Corte ha ritenuto illegittime le modalità di contabilizzazione dei residui perenti; alla sentenza n. 241 del 2013, con la quale è stata dichiarata costituzionalmente illegittima la copertura di spese mediante la «riprogrammazione di economie di bilancio»; alla sentenza n. 192 del 2012, con la quale è stato censurato l’utilizzo, come strumento di copertura, della riprogrammazione di economie vincolate in difetto della previa approvazione del rendiconto dell’anno precedente).

In particolare nella delibera della Corte dei conti n. 230/2016/FRG del 24 novembre 2016, successiva a quella inerente alla parziale parifica del rendiconto 2013, la magistratura contabile ha accertato, tra l’altro, «il perseverare dei seguenti comportamenti contabili contra legem della Regione Abruzzo: – mancata adozione delle misure consequenziali alla parifica del rendiconto dell’esercizio 2012, che risulta l’ultimo consuntivo definitivamente approvato; […] – mancata definizione dell’esatto ammontare dei residui al 31.12.2014 e del riaccertamento straordinario degli stessi all’1.1.2015; [...]; – mancata esatta definizione del saldo netto da finanziare e del disavanzo effettivo di gestione e, di conseguenza, mancata adozione del Piano di rientro nei termini previsti dalla normativa (decreto legislativo n. 118/2011); – mancata conseguente iscrizione, nel bilancio di previsione 2016, del disavanzo effettivo di gestione, risultante da procedure certe e definitive;[…] – violazione reiterata dei principi a salvaguardia degli equilibri di bilancio e del principio di copertura delle spese».

Pur a fronte di una siffatta situazione, la Giunta regionale, con delibera n. 756 del 22 novembre 2016, ha riproposto il disegno di legge regionale relativo al rendiconto 2013 (poi approvato con la legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017), il quale recava immutate tutte le voci del precedente disegno di legge relativo al rendiconto 2013 oggetto di giudizio di parifica, ad eccezione dell’unica correzione recata alle economie vincolate, che passavano da 1,722 miliardi di euro a 1,780 miliardi di euro, e del peggioramento del preteso saldo negativo (successivamente confluito nell’art. 12 precedentemente richiamato), che passava da euro - 538.201.471,80 a euro - 770.134.872,62.

Peraltro, nel parificare solo parzialmente il rendiconto generale per l’esercizio 2012, la Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione Abruzzo, con delibera n. 116/2014/PARI, aveva escluso dalla dichiarazione di regolarità i residui attivi e passivi provenienti dagli esercizi precedenti (rispettivamente pari a euro 2.458.083.450,07 e a euro 1.570.713.130,92), nonché i residui perenti e le economie vincolate che allora riportavano un valore pari a euro 1.688.149.343,03. Aveva conclusivamente invitato la Regione ad adoperarsi per riallineare il ciclo di bilancio a una tempistica conforme a normativa e a utilizzare gli istituti dell’assestamento di bilancio e del riaccertamento annuale dei residui, oltre che a procedere e concludere il riaccertamento dei residui attivi e passivi avviato nel 2013, provvedendo, alla luce del medesimo, all’esatta quantificazione del saldo finanziario positivo e del disavanzo effettivo di gestione. Ciò al fine di «iscrivere, nel primo bilancio preventivo utile, il disavanzo effettivo di gestione risultante da procedure certe e definitive».

3.1.2.‒ Quanto alla pretesa correzione del risultato di amministrazione di cui all’impugnato art. 10 con le economie vincolate, che sarebbe alla base delle apodittiche cifre esposte al successivo art. 12, la singolare deduzione della parte convenuta urta contro molteplici basilari principi della contabilità pubblica. La prima regola violata è quella che determina il risultato di amministrazione attraverso il saldo algebrico tra residui attivi, passivi e fondo di cassa: l’art. 42, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011 ribadisce tale principio, prescrivendo che «Il risultato di amministrazione […] è accertato con l’approvazione del rendiconto della gestione dell’ultimo esercizio chiuso, ed è pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi». In senso analogo, l’art. 186 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), prescrive per gli enti locali che «[i]l risultato contabile di amministrazione è accertato con l’approvazione del rendiconto dell’ultimo esercizio chiuso ed è pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi».

In tale contesto – anteriore alla riforma contabile entrata in vigore successivamente al 2013 – le cosiddette economie riprogrammabili devono trovare allocazione nei residui attivi, limitatamente ai cespiti vincolati eventualmente ancora non riscossi, e nei residui passivi, per le somme accertate in entrata e ancora non utilizzate in relazione alle quali persiste uno specifico vincolo di legge. Tardivo e fuorviante appare il loro inserimento tra i residui perenti, a esercizio già concluso e in assenza di una loro reiscrizione in bilancio (che sarebbe peraltro consentita solo nel caso di sussistenza di un vero e specifico vincolo di legge).

Ulteriore aporia delle argomentazioni regionali riguarda l’asserita facoltà di esprimere un risultato di amministrazione senza la previa indicazione analitica dei residui attivi e passivi, dei relativi crediti e debiti, dei loro titolari e delle ragioni giuridiche dei rapporti creditori e debitori.

Analogo rilievo investe la pretesa di iscrivere le economie vincolate senza la previa dimostrazione della loro inerenza alla disponibilità di cespiti effettivi e alla persistenza dello specifico vincolo legislativo alla loro utilizzazione. Infatti, l’impiego di partite di spesa confluite in economie di precedenti esercizi «è impossibile senza l’accertamento delle risorse dedicate e la sussistenza di impegni od obbligazioni passive afferenti alla specifica utilizzazione di tali risorse. […] Dunque, la irrituale “riprogrammazione” […] viene concretamene a collidere con il principio di equilibrio del bilancio, incrementando indebitamente la spesa e, conseguentemente, i preesistenti squilibri» (sentenza n. 89 del 2017). Più in generale, in tema di fondi vincolati, è stato precisato che «[p]er vincoli formalmente attribuiti dall’ente si intendono quelli previsti dal principio applicato 9.2 [del d.lgs. n. 118 del 2011], derivanti da “entrate straordinarie, non aventi natura ricorrente, accertate e riscosse cui l’amministrazione ha formalmente attribuito una specifica destinazione. È possibile attribuire un vincolo di destinazione alle entrate straordinarie non aventi natura ricorrente solo se l’ente non ha rinviato la copertura del disavanzo di amministrazione negli esercizi successivi [e] ha provveduto nel corso dell’esercizio alla copertura di tutti gli eventuali debiti fuori bilancio […]”. Infatti, la facoltà di imprimere uno specifico vincolo deriva dalla classificazione normativa (entrate straordinarie non aventi natura ricorrente) e dall’ulteriore requisito dell’assenza di disavanzi da ripianare. In definitiva, l’analitica classificazione delle somme vincolate non inficia il principio per cui, quand’anche non direttamente dipendente dalla legge, il vincolo deve trovare diretto presupposto nella stessa. È anche evidente come proprio la stessa perimetrazione della fattispecie derogatoria risponda all’obiettivo di non alterare l’equilibrio del bilancio» (sentenza n. 279 del 2016).

Infine, le eccezioni della resistente urtano contro il costante orientamento di questa Corte – già in precedenza richiamato – secondo cui le risultanze dei bilanci devono essere credibili, sufficientemente sicure, non arbitrarie o irrazionali. Secondo la Regione Abruzzo sarebbero credibili e veridiche risultanze che comportano una dimensione di partite contabili arretrate (residui attivi, passivi ed economie vincolate) pari a circa il cinquantasei per cento dell’intero bilancio annuale. E ciò senza l’indicazione delle ragioni giuridiche e fattuali in grado di sorreggere l’esattezza di tale quantificazione. La quantificazione delle partite attive e passive che non abbiano un obiettivo riscontro finanziario (come avviene al contrario per il fondo di cassa) non può essere priva dell’analitica ricognizione dei relativi presupposti giuridici, poiché la loro applicazione al bilancio costituisce elemento indefettibile per determinarne e verificarne coperture ed equilibri.

3.2.‒ A ben vedere, le eccezioni della Regione Abruzzo si fondano su un’ulteriore errata deduzione.

La resistente sottolinea che l’approvazione del rendiconto 2013, quali che siano le relative risultanze, sarebbe contemporaneamente tappa indispensabile per smaltire l’arretrato inerente agli esercizi successivi e “monade contabile”, del tutto svincolata dall’articolazione dei successivi bilanci.

Se – per gli evidenti motivi richiamati – non è configurabile una separazione della legge regionale di approvazione del rendiconto dai bilanci degli esercizi successivi, è altresì indiscutibile che l’operazione “messa in sicurezza dei conti”, più volte enfatizzata dalla resistente, non può prescindere dall’esattezza e congruenza dei dati contabili di partenza, caratteri assenti nella fattispecie in esame.

Peraltro non è neppure condivisibile l’assunto implicito del ragionamento svolto dalla Regione, secondo cui l’arretrato debba essere necessariamente smaltito “per tappe”, scaglionando temporalmente l’approvazione dei conti inevasi.

Come precedentemente sottolineato, il legislatore prevede termini indefettibili per l’approvazione dei rendiconti degli enti territoriali (attualmente, ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. n. 118 del 2011, «Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 1, approvano: […] b) il rendiconto o il bilancio di esercizio entro il 30 aprile dell’anno successivo. Le regioni approvano il rendiconto entro il 31 luglio dell’anno successivo, con preventiva approvazione da parte della giunta entro il 30 aprile, per consentire la parifica delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti», risultando modificato, al riguardo, il precedente art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 76 del 2000 invocato dal Presidente del Consiglio dei ministri quale norma interposta), individuando un arco temporale intermedio tra l’esercizio di riferimento e quello afferente al bilancio di previsione dei due esercizi successivi.

È evidente come detto arco temporale non sia determinato dal legislatore in modo arbitrario, bensì bilanciando le esigenze di una tempestiva accountability nei confronti degli elettori e degli altri portatori di interessi e quelle inerenti alla rideterminazione o costruzione degli equilibri dei bilanci di previsione dei due esercizi successivi. Infatti, una volta accertata l’esistenza di un disavanzo di amministrazione, devono essere immediatamente adottati i provvedimenti di legge (art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011 per le Regioni; art. 188 del d.lgs n. 267 del 2000 per gli enti locali) per il ripianamento dello stesso.

Tale operazione – indispensabile per garantire e conservare gli equilibri di bilancio di breve e lungo periodo − non può essere realizzata prendendo a riferimento dati così lontani nel tempo (per di più non credibili per le ragioni precedentemente espresse).

Ne consegue che ben potrebbe – anzi dovrebbe – la Regione Abruzzo effettuare le operazioni necessarie per recuperare immediatamente, in modo costituzionalmente corretto, tutti gli adempimenti scaduti inerenti ai rendiconti successivi, pur nel rispetto dei separati riscontri secondo la partizione annuale.

3.3.‒ Il rispetto dei termini e degli adempimenti previsti dalle norme di coordinamento della finanza pubblica e di armonizzazione – nel caso in esame le disposizioni interposte che fissano gli obblighi di rendicontazione costituiscono, all’un tempo, norme afferenti al coordinamento della finanza pubblica, all’armonizzazione dei bilanci e ai precetti in termini di copertura della spesa e di equilibrio dei bilanci di cui all’art. 81 Cost. (in tal senso sentenza n. 184 del 2016) – comporta comunque l’attuazione immediata e sequenziale di tutte le operazioni previste nel tempo dal legislatore nazionale per porre rimedio alle situazioni critiche degli enti territoriali.

In termini di rilevanza strutturale, tali misure normative possono essere così sintetizzate: a) accertamento analitico di tutte le tipologie di residui preesistenti anteriormente all’entrata in vigore del nuovo ordinamento contabile (art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 118 del 2011). Con particolare riguardo alla Regione Abruzzo, in tali operazioni è compreso il riaccertamento delle cosiddette economie vincolate, finalizzato a espungere tutte le partite non caratterizzate da espresso e specifico vincolo normativo; b) confronto tra somme incamerate e utilizzate a titolo di anticipazioni di liquidità, avente lo scopo di accertare la piena e corretta utilizzazione di tali somme in termini di sola cassa. Come rilevato dal Presidente del Consiglio dei ministri la Regione resistente ha omesso di conformarsi, su questo specifico punto, alla sentenza di questa Corte n. 89 del 2017; c) rateizzazione nel tempo dei disavanzi accertati secondo le modalità previste dalle disposizioni vigenti (artt. 3, comma 16, e 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011 e art. 9, comma 5, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante «Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali»).

I richiamati adempimenti sono organizzati in termini di propedeuticità e sinergia nel senso che tutti mirano a riequilibrare e rendere chiara la situazione economico-finanziaria dell’ente territoriale attraverso un ordine sequenziale teleologicamente vincolato. Infatti, l’accertamento nelle forme di legge delle partite attive e passive è sicuramente propedeutico all’utilizzazione delle anticipazioni di liquidità, le quali – come è noto – servono a fronteggiare obbligazioni passive inutilmente scadute. Le anticipazioni stesse servono a eliminare dal bilancio – attraverso puntuali pagamenti – i residui passivi inerenti a obbligazioni scadute e ad altri oneri normativamente imposti e risultano propedeutiche alla revisione ordinaria e straordinaria dei residui stessi. La revisione straordinaria è necessariamente preliminare al passaggio tra la vecchia e nuova contabilità prescritto dall’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 118 del 2011. Infine la revisione ordinaria e quella straordinaria sono necessarie per azionare la facoltà di rateizzare il ripianamento dei disavanzi accertati.

3.4.‒ In definitiva devono essere condivise anche le censure ribadite dall’Avvocatura generale dello Stato nel corso della discussione in udienza, secondo cui l’assenza di trasparenza nella rappresentazione della situazione economico-finanziaria della Regione collide diametralmente con gli evocati parametri costituzionali. In particolare va ribadito il principio secondo cui la trasparenza dei conti risulta elemento indefettibile per avvicinare in senso democratico i cittadini all’attività dell’Amministrazione, in quanto consente di valutare in modo obiettivo e informato lo svolgimento del mandato elettorale, e per responsabilizzare gli amministratori, essendo necessariamente servente al controllo retrospettivo dell’utilizzo dei fondi pubblici (sentenza n. 184 del 2016).

4.‒ In considerazione dell’inscindibile connessione finanziaria con le disposizioni costituzionalmente illegittime, tale illegittimità deve estendersi in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), alle residue disposizioni della legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017 di approvazione del rendiconto 2013. L’evidente correlazione delle disposizioni residue con le norme impugnate comporta infatti un rapporto di chiara consequenzialità con la decisione assunta in ordine alle stesse (in senso conforme, ex plurimis, sentenza n. 274 del 2017, sentenze n. 266 e n. 250 del 2013). Infatti, l’assenza di un risultato univoco di amministrazione, l’incongruità degli elementi aggregati per il suo calcolo e l’inderogabile principio di continuità tra gli esercizi finanziari – che richiede il collegamento genetico tra i bilanci secondo la loro sequenza temporale – coinvolgono la legge di approvazione del rendiconto 2013 nella sua interezza, non essendo utilmente scindibili gli elementi che ne compongono la struttura. È utile ribadire che «l’efficacia di diritto sostanziale che il rendiconto riveste in riferimento ai risultati dai quali scaturisce la gestione finanziaria successiva e l’invalidità delle partite destinate, attraverso la necessaria aggregazione, a determinarne le risultanze, pregiudicano irrimediabilmente l’armonia logica e matematica che caratterizza funzionalmente il perseguimento dell’equilibrio del bilancio» (sentenza n. 274 del 2017) anche negli esercizi successivi.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2; 8; 9; 10; 11 e 12 della legge della Regione Abruzzo 7 marzo 2017, n. 16 (Rendiconto generale per l’esercizio 2013. Conto finanziario, conto generale del patrimonio e nota illustrativa preliminare);

2) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale delle residue disposizioni della medesima legge reg. n. 16 del 2017.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 2018.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Aldo CAROSI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 5 marzo 2018.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA

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